Andrea Merola mette a confronto alcuni fotogrammi del film Morte a Venezia di Luchino Visconti (1971) con gli stessi luoghi fotografati oggi. La struggente, fragile bellezza della città fa da sfondo sia alle raffinate atmosfere del film sia all’attuale assedio dei turisti. Alcune immagini – come quelle del celebre Hotel des Bains, oggi chiuso e in disfacimento – rendono particolarmente impietoso il paragone.
Morte a Venezia e veneziani al momento viventi ( me incluso )
di Andrea Merola
Venezia è un set cinematografico già bell’e pronto e fin dall’esordio del cinema, al tempo del muto, vi si ambientavano dei corti ispirati a favole e leggende veneziane. Più tardi polpettine storiche, come la tragica vicenda del povaro fornareto, garzone del pane ingiustamente accusato dell’omicidio di un patrizio e giustiziato innocente tra le colonne di Marco e Todaro: film in bianco e nero del 1939 (diretto da Duilio Coletti, nel cast Clara Calamai, italica star) con qualche svarione storico, urbanisticamente parlando. Per esempio, al tempo della vicenda del fornareto, la chiesa palladiana sull’isola di San Giorgio o la fabbrica sansoviniana della Biblioteca Marciana erano ancora in là da venire, eppure stanno sullo sfondo delle ultime scene, ma pazienza, il set era ugualmente unico e gratuito.
Nel tempo della mia adolescenza, cioè il secolo scorso, a Venezia erano attive tredici sale di proiezione, più altre quattro ospitate nei patronati parrocchiali: non erano poche, per una popolazione di circa centomila abitanti. Ai veneziani piaceva andare al cinema: noi ragazzini gareggiavamo per un posto alla prima del pomeriggio di domenica, solitamente alle 15, che poi all’uscita c’era tempo per una pizza. Così, tra spaghettiwestern e pepla, ecco arrivare due cult movie interamente girati in città: Anonimo Veneziano e Morte a Venezia. Non era la prima volta ovviamente che Venezia faceva da set naturale, ma questi due film, per qualche ignoto motivo, rimasero impressi nella memoria dei veneziani per moltissimo tempo. Di Anonimo Veneziano forse furono i due protagonisti a decretarne il successo: un giovane Tony Musante scapigliato sciupafemmine e una splendida divina Florinda Bolkan, e probabilmente pochi si ricordarono il regista Enrico Maria Salerno e lo scrittore sceneggiatore Giuseppe Berto: il film è girato su itinerari poco noti ai più, sul vaporetto lungo il Canal Grande e la Giudecca, all’interno di Palazzo Pisani sede del Conservatorio Musicale Benedetto Marcello, nel laboratorio di tessuti preziosi Bevilacqua e altre locations più patinate e riconoscibili anche dai forestieri. Ricordo qualche ciak sulla fondamenta delle Zattere perché abitavo là vicino. L’anno successivo arrivò sugli schermi Morte a Venezia di Luchino Visconti.
Personalmente vidi entrambi i film qualche anno dopo, in seconda visione, perché erano vietati ai minori di sedici anni.
Visconti aveva già ambientato in città parte del primo tempo di Senso, sedici anni prima, perlopiù dentro il Teatro La Fenice, quello autentico. Stavolta c’era più città, però filmata all’alba, così che non ricordo di essermi imbattuto in qualche ciak. E c’era l’Hotel Des Bains al Lido, magico grand hotel dei ricchi famosi dove nessuno di noi adolescenti veneziani aveva messo piede: ne visitavamo per la prima volta l’interno lussuoso con le immagini sullo schermo della sala del cinema.
Paradossalmente ci piaceva vedere Venezia al cinema, pur vivendoci quotidianamente, in Morte a Venezia poi l’illusione riscoprire la città come appariva un secolo prima, un viaggio nella macchina del tempo, cosa che a Visconti riesce benissimo, anche ricostruendo alcune location, per esempio la piazza d’approdo del Lido rifatta a Malamocco o la spiaggia del Des Bains negli stabilimenti balneari degli Alberoni, circa quattro chilometri avanti. Insomma fu più amor patrio che l’amore del povero von Aschenbach alle prese con la bellezza di Tadzio a decretare il successo del film.
Così dopo quasi cinquant’anni torno là dove furono girate alcune scene: calli e campielli sono immutati nei marmi e mattoni, il Des Bains è là sempre maestoso sul lungomare Marconi. Cambia invece la destinazione d’uso di edifici e monumenti filmati da Visconti: nel campiello del Milion, dove il povero von Aschenbach ha un primo attacco di cuore nell’inseguire Tadzio, un baretto a luci neon acide ora illumina il set mentre turisti in mutande e ciabatte stazionano sui tavolini all’aperto fino a tardi. Il vecchio e potente Des Bains invece è un guscio vuoto, decaduto a rudere e spogliato di tutto, tende incluse, dopo una serie di speculazioni economiche finite male, e un incendio che ha cucinato il pavimento del secondo piano: sta andando in malora e basta.
La spiaggia degli Alberoni ha chiuso la stagione estiva, la spiaggia torna libera e selvaggiamente bella: finalmente ci vanno in pochi a godersela.
Andrea Merola (Venezia 1958) ha iniziato a fotografare nel 1979, lavorando come fotoreporter freelance per i principali giornali e riviste italiane. Dal 1995 è corrispondente da Venezia dell’Agenzia ANSA.